Ottime analisi, grazie ad entrambi.
La mia conclusione è più o meno sempre la stessa, roster troppo corto e costruito male, dove mancano pedine importanti. Tra l'altro sostituendo Loeffel con Calle, non avremo un PP migliore, anzi. Non so su che pianeta vive chi non vuole un difensore straniero offensivo
Al Lugano serve un corso accelerato di furbizia, disciplina e gestione delle emozioni. Lo scopo? Evitare le penalità inutili. Quelle che sono costate gara-2. La prima lezione è offerta da Daniel Carr: «Non è necessario reagire a ogni provocazione», afferma il canadese. «Se uno ti dà un pugno in faccia, tu rispondigli con un sorriso». Proprio come ha fatto il comico Chris Rock alla cerimonia degli Oscar, dopo il ceffone rifilatogli da Will Smith per un’infelice battuta sulla moglie.
Non si punta il dito
«Gara-3 sarà decisiva, dobbiamo vincerla», ha detto Chris McSorley dopo la secca sconfitta casalinga di domenica. Stasera, alla Bossard Arena, il quarto di finale tra Zugo e Lugano arriva dunque a un punto di non ritorno o quasi. Per i bianconeri, sotto 0-2, il margine d’errore è ridottissimo.
In gara-2 i ticinesi hanno rimediato nove penalità minori. Troppe. Cinque, però, sono arrivate oltre il 48’, dopo il 4-1 di Zehnder, a partita ormai decisa. In fin dei conti, a far davvero male sono state quelle incassate da Herburger e Bertaggia al termine del periodo centrale, subito dopo il pareggio di Morini. Due ingenuità imperdonabili che hanno disintegrato l’inerzia bianconera. «Ma non puntiamo il dito contro i nostri compagni», avverte Daniel Carr. «Non cerchiamo colpevoli. Vogliamo essere migliori come gruppo e più disciplinati come squadra, smettendola di spararci sui piedi da soli. Lo Zugo ci ha segnato otto gol in due match, cinque dei quali in power-play. Se trascorriamo tutto questo tempo in inferiorità numerica, non possiamo sperare di vincere una partita di playoff».
Perdere così è frustrante. «Ma ricordiamoci delle cose positive», sottolinea l’attaccante canadese. «Se sapremo risolvere il problema delle penalità, potremo dire la nostra. I primi due tempi di domenica ce lo hanno confermato. Di più: in cinque contro cinque siamo stati migliori di loro nei primi cinque periodi della serie. Stasera cercheremo di tenerci alla larga dalla panchina dei puniti. Il resto verrà da sé». Dalle parole ai fatti: come si resta lontani dalla panchina dei cattivi? Cosa ha sbagliato il Lugano nella gestione delle emozioni? «È una questione di furbizia e di concentrazione», sostiene Daniel. «Ad esempio non serve usare il bastone in modo inappropriato quando siamo in attacco e non corriamo pericoli».
Tutti ascoltano Justin
Per Daniel Carr, il quarto di finale è soltanto all’inizio: «Essere sotto 0-2 non significa ancora nulla. Si chiama ‘‘best of 7’’ per una ragione. Se impareremo la lezione, avremo successo e torneremo in corsa. Sono fiducioso: in spogliatoio abbiamo la leadership necessaria e tanti giocatori che sanno cosa fare in queste situazioni».
Tra i leader del Lugano c’è anche Justin Abdelkader: «Il suo innesto è stato importante sul piano fisico ed emotivo, ma anche del gioco», afferma Daniel. «Quando Justin si alza e prende la parola, tutti lo ascoltano. Non ha paura di niente, ci serviva uno così».
Quando ha spinto e pressato, trovando il giusto compromesso tra intensità e rischio, il Lugano ha messo in difficoltà i campioni svizzeri in carica, ma è andato regolarmente a sbattere contro Leonardo Genoni. Daniel Carr, però, non è impressionato dalle prestazioni del portiere della nazionale rossocrociata: «È bravo, ma non dipingiamolo più forte di quello che è. Ha esperienza, sì. È in questa lega da anni e ha vinto tanti titoli. Ma non è insuperabile. Abbiamo già visto di poterlo mettere in difficoltà. Bisogna continuare a tirare e ad andare sulla porta. Prima o poi qualcosa succede».
Per sperare di accedere alle semifinali, i bianconeri dovranno vincere (almeno) due volte alla Bossard Arena. A Zugo l’atmosfera non è particolarmente ostile e il pubblico si scalda solo a fiammate. Tanto di guadagnato per il Lugano? «Ogni pista ha le sue caratteristiche, ma viste dal ghiaccio sono tutte uguali», conclude Daniel. «Il posto peggiore è sempre la panchina dei puniti».
