Il Lugano fa a pugni con Ruby Belge
Da gennaio alcuni giocatori bianconeri si allenano con l'ex campione di pugilato
LUGANO - Una pista di hockey è come un grande ring fatto di ghiaccio e plexiglas. I giocatori si danno le botte, si lanciano sguardi di sfida, si chiudono negli angoli, incassano colpi duri, spesso proibiti. Proprio come nel pugilato. A Lugano, la relazione tra le due discipline si è fatta profonda. In gennaio, infatti, la squadra di Patrick Fischer ha iniziato un programma d’allenamento sotto la guida di Ruby Belge, ex campione del mondo IBC dei pesi welter. Una volta a settimana, divisi in due gruppi, vari giocatori (Kienzle, Maurer, Walker, Walsky, Sannitz, Dal Pian, Simion e Murray - ai quali nei giorni scorsi si sono aggiunti Schlumpf e Kostner) infilano i guantoni da boxe al Club Move Fitness.
«Già in precedenza - ci spiega Belge - alcuni giocatori del Lugano si allenavano con me privatamente: lo stesso Kienzle, Fazzini e Morant. Il lavoro ha dato ottimi risultati e così Fischer e lo staff bianconero mi hanno chiesto di fare la stessa cosa con altri ragazzi. Si tratta di giocatori che hanno esigenze diverse. C’è il ragazzo a cui serve più aggressività, quello che deve credere di più in se stesso, quello che vuole imparare ad assumersi maggiori responsabilità. La boxe può aiutare a colmare tutte queste lacune, insegna ad incassare i colpi e a reagire, anche se fanno male. È uno sport in cui ci si affronta uno contro uno, chi lo pratica è obbligato a cavarsela da solo. Vedo diverse similitudini con l’hockey su ghiaccio, uno sport molto fisico, di contatto. È un gioco di squadra, d’accordo, ma è basato su tanti duelli uno contro uno. Bisogna essere pronti ad accettare la sfida».
Lo scopo, precisa Ruby, non è far vincere al Lugano qualche bagarre in più: «Se serve posso dare qualche consiglio anche in questo senso, insegnare qualche trucchetto, ma non è questa la priorità. L’obiettivo del nostro lavoro in palestra non è imparare a picchiarsi sul ghiaccio, ma diventare più forti mentalmente, più aggressivi, fiduciosi, determinati, coscienti dei propri mezzi. Se un avversario ti sfida, ti provoca o vuole coinvolgerti in una scazzottata, non devi scappare. Devi marcare il territorio, far vedere che non hai paura, anche solo con il linguaggio del corpo, con uno sguardo. Facendo così, a volte la bagarre non inizia nemmeno».
Patrick Fischer è molto soddisfatto della collaborazione: «Ruby è un mio amico, ci conosciamo da tanto tempo. Con lui e con Fausto Donadelli, il mental coach, si tratta di lavorare sulla testa dei giocatori per affrontare e superare le paure. Volevamo creare qualcosa di più interessante rispetto a una normale seduta con un preparatore mentale. Qualcosa che andasse al di là delle parole, che fosse meno noioso per i ragazzi. Lo consideriamo un progetto pilota per aumentare l’aggressività, per svegliare il guerriero che c’è in ognuno. Fin qui ha dato ottimi risultati: tutti ne hanno tratto profitto».
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