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da Nicku » 17 ott 2022, 12:19
Cdt : FLAVIO VIGLEZIO, 16.10.2022
Toccato il fondo a Langnau: Lugano, puoi solo vergognarti
Ancora una prestazione indecorosa da parte dei bianconeri, umiliati alla Ilfis e ora penultimi in classifica — Non è servito a nulla mandare allo sbaraglio Luca Gianinazzi e la situazione si fa sempre più imbarazzante per il club.
Ciò che si temeva qualche settimana fa si è puntualmente verificato: la giostra degli alti e bassi del Lugano si è trasformata in un circo. Tocca ribadirlo: nell’accezione più peggiorativa del termine. Già, perché c’è chi al circo si diverte, soprattutto con i clown. Oddio, a sentire parlare di ambizioni da titolo, di obiettivo sesto posto sinonimo di qualificazione diretta ai playoff e di una Cornèr Arena in cui il pubblico può girare liberamente – sì, il CEO Marco Werder è riuscito a dire questo nell’intervista concessa alla RSI all’indomani dell’esonero di Chris McSorley – verrebbe da ridere se la situazione non fosse così grave. Ridere sì, proprio come al circo. Con i clown.
La verità è che il club bianconero sta attraversando una crisi – l’ennesima – profondissima: una crisi di risultati, di gioco, di idee, di management soprattutto. Dopo la sconcertante, imbarazzante e inaccettabile umiliazione subita a Langnau – a Langnau, non a Pittsburgh con i Penguins – il Lugano può solo vergognarsi. Sportivamente, si intende. Fatto è che alla Ilfis i bianconeri hanno toccato il fondo, senza sapere se e quando riusciranno a risalire.
Di tutto e di più
E non c’è più nemmeno McSorley, a fare da capro espiatorio. E così la squadra che doveva combattere per contrastare lo strapotere delle società più abbienti d’oltre Gottardo, si ritrova al penultimo posto della classifica, con un punticino in più rispetto al neopromosso Kloten, dietro ad Ajoie e Langnau. Un disastro su tutta la linea.
Se ne sentono di tutti i colori, in questo periodo, in casa Lugano. Arcobello accende la miccia, Mirco Müller sostiene che «ora con il nuovo coach ci si allena seriamente rispetto al recente passato», Samuel Guerra spiega al contrario che «la squadra non ha visibilmente i sessanta minuti nelle gambe», Luca Gianinazzi afferma invece che «il problema non è fisico, ma mentale». Parole, parole, parole di pura confusione.
Le macerie e l'immobilismo
Come sempre – gli esempi passati in questo senso si sprecano – i vertici societari tacciono. Se non per ribadire il pieno supporto di cui godrà da qui all’eternità – a sentire la dirigenza – Luca Gianinazzi. E con ogni probabilità a breve arriverà il solito appello ai tifosi, sotto forma di velata minaccia, richiamati all’ordine come soldatini a sostenere la squadra contro tutto e tutti. Caro Lugano, non ne può più, il popolo bianconero, di figuracce simili. Gli si può dare torto?
Certo, McSorley se n’è andato lasciando una montagna di macerie, dalle parti della Cornèr Arena. Macerie a livello fisico, di gioco, di mentalità. I problemi tra l’ex coach e il gruppo risalivano però – Hnat Domenichelli dixit – alla passata stagione e sono esplosi durante l’ultima preparazione estiva. Ma il club si è ancora una volta distinto per il suo colpevole immobilismo. Ha sperato che tutto potesse risolversi come per magia, senza affrontare di petto la situazione, e ora i risultati di queste lacune manageriali sono sotto gli occhi di tutti. Non bastano passione e amore per i colori sociali, per dirigere un’azienda.
Ma si può davvero pretendere qualcosa di costruttivo da parte di una dirigenza che impiegò dieci anni a reagire ai disastri di Roland Habisreutinger? A Lugano gli allenatori saltano come birilli, ma nella stanza dei bottoni nessuno fa mai un passo indietro. Di mea culpa che portino a misure concrete e non solo a verbali assunzioni di responsabilità, nemmeno l’ombra.
Nella fossa dei leoni
Dall’immobilismo alla mossa più rischiosa che si potesse decidere di compiere, il passo è stato breve. Si è deciso di gettare nella fossa dei leoni un giovane tecnico di 29 anni: preparato, ambizioso, schietto e competente, ma senza nessuna esperienza a questi livelli. Lo si è buttato nel Colosseo, come un moderno gladiatore, in un contesto di profonda crisi. Come se un ospedale decidesse di affidare a un brillante studente, freschissimo di laurea in medicina, un’operazione a cuore aperto. Più che un regalo avvelenato, la promozione a head coach della prima squadra potrebbe trasformarsi in una mancanza di rispetto nei confronti del «Giana». Che rischia – ci auguriamo fortemente il contrario – di bruciare sul rogo come nemmeno le streghe durante il Medioevo. Non per sua incapacità, ma perché sacrificato in nome di chissà quale riflessione. Chi lo ha frettolosamente e superficialmente comparato a Luca Cereda e a Mattia Croci-Torti dimentica che sia l’allenatore dell’Ambrì Piotta sia quello del FC Lugano sono passati da una lunga gavetta preparatoria. Un’azienda stabilisce con i suoi giovani più dotati un piano di carriera che va assolutamente rispettato. È già troppo tardi, per fare un passo indietro.
Hnat e le decisioni drastiche
Da questo bailamme esce indebolita anche la figura di Hnat Domenichelli. Un direttore sportivo sicuramente più attivo, più concreto e propenso all’autocritica rispetto al suo predecessore, ma i cui errori – uno dopo l’altro – stanno ora venendo a galla. Aveva puntato tutto su McSorley e ha voluto difenderlo e proteggerlo oltre l’indifendibile, prima di ammettere di aver commesso un errore. E gli stranieri di movimento da lui portati a Lugano, al momento, sono i peggiori del campionato. E c’era davvero la necessità di prolungare prima dell’inizio del campionato il contratto di Mark Arcobello per altre due stagioni? Di fatto, Domenichelli non è ancora stato in grado di costruire una squadra competitiva.
Di aiuto da chi è arrivato alla Cornèr Arena con un palmarès e un curriculum di prima qualità, va riconosciuto, il direttore sportivo ne ha ricevuto poco. Domenichelli potrà allora riscattarsi agli occhi dei tifosi solo prendendo decisioni forti. Perché – nonostante tutti i problemi che possono esistere per quel che concerne tenuta fisica, mentale e quant’altro – l’attitudine portata sul ghiaccio da alcuni giocatori è semplicemente inaccettabile. Oliwer Kaski sarebbe da caricare sul primo volo in direzione della Finlandia, mentre Brett Connolly – che in pista porta un impegno da «holiday on ice» – potrebbe tranquillamente far ritorno in Canada senza che nessuno se ne accorga. E poi c’è il mistero Arcobello, un capitano letteralmente irriconoscibile.
Ecco, per risollevarsi il Lugano dovrà quasi obbligatoriamente passare da decisioni drastiche, senza attendere oltre. A meno di non voler rischiare di gettare alle ortiche un’altra stagione. Che di pazienza il popolo bianconero ne ha già avuta fin troppa.