A quarant'anni da quel derby numero 35

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Under Ashes
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A quarant'anni da quel derby numero 35

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I «cugini» Alfio Molina e Fiorenzo Panzera raccontano le sfide tra Lugano e Ambrì di ieri e di oggi
Marco Ortelli 30.10.2022

Se Lugano e Ambrì vengono considerati «cugini», i grandi ex delle due squadre, Alfio Molina e Fiorenzo Panzera, cugini («di terzo grado») lo sono per davvero, una linea famigliare li collega. A 40 anni dal primo derby dal ritorno di bianconeri e biancoblù in Serie A, era il 28 settembre 1982, li abbiamo... ricollegati a Porza, alla Resega, oggi trasformatasi in Cornèr Arena, per rievocare quella partita e respirare ancora un po’ l’atmosfera che si respirava nel Ticino dell’hockey in quegli anni. Apriamo allora insieme l’album dei ricordi, partendo da quella sera di settembre.

Il primo derby dal ritorno in Serie A, 1982/83
«Incredibile - attacca Panzera - quella sera segnammo 7 reti a Lugano, eppure perdemmo quella partita perché ne subimmo 9!». Una sfida, la 35esima della storia, iniziata bene per i leventinesi, portatisi in vantaggio proprio con Panzera al 4’55’’, autore quella sera di una doppietta. «Un secondo gol che ricordo molto bene - riprende l’ex attaccante -, con Dave Gardner ci siamo involati in un 2 contro 1, assist di Dave ed io che infilo Alfio».

Alfio Molina non fa una piega, anzi, ribatte. «Dall’Ambrì non ne ho presi solo 7, ricordo anche il 13 a 2 nel febbraio del ’65 alla Valascia. Quella settimana ero a letto con l’angina; il mercoledì dissi a mia mamma che dovevo andare alla Resega per una riunione. Invece avevo fatto allenamento, per poi tornare a letto fino a giovedì». È andata a finire con un… venerdì 13.

Fiorenzo Panzera, fedele all’Ambrì per 14 stagioni con 280 punti complessivi tra Serie A e B. Alfio Molina, 23 stagioni tra B e A, l’archetipo dei portieri bianconeri. Un brivido scuote le pareti dell’ex Resega, quando Panzera chiede a Molina «Se t’è mai pensaa da vegnì sü ad Ambrì. Diciamolo, Alfio era fortissimo, il 50% del Lugano». La risposta del numero 1 bianconero: «Sì, ho avuto diversi contatti con i dirigenti. Poi però c’era di mezzo il club. Quando il mio presidente Ronchetti mi disse «ta podat riempì la pista da bigliett da mila, ma ti da Lügan tav et mia via», i contatti sono finiti lì».

L’amichevole incontro tra i due rivali di allora fa riaffiorare un episodio e una considerazione scolpiti nella memoria di entrambi. Fiorenzo Panzera: «Serie B. Lugano in testa, noi a metà classifica. In una gelida serata di gennaio del ‘79 vincemmo 5 a 0 giocando una bellissima partita. Mi sale ancora adesso l’emozione, quando a fine gara vedo Geo Mantegazza entrare nel nostro spogliatoio per complimentarsi con noi». Alfio Molina: «Dall’arrivo di Geo le due società hanno cominciato ad essere più amiche, se penso ai diversi screzi vissuti in precedenza». Quasi amici, per riprendere il titolo di un film di successo. «Soci» invece sono rimasti i giocatori di quella generazione. «Quando incontro Genuizzi, Zamberlani, Fransioli o come oggi Fiorenzo - osserva Molina - si ride e si scherza, sembra quasi che abbiamo giocato nella stessa squadra». «Io mi trovo ancora oggi con gli ex bianconeri Daniele Giudici e Karel Blazek per simpatiche cenette - gli fa eco Panzera -. Sul ghiaccio si accendeva la miccia, ma sempre nel segno del rispetto. Tra i tifosi si percepiva l’emozione, già 15 giorni prima del derby ti fermavano per strada dicendoti 'ma sa racumandi'».

Giocatori, emozioni, prospettive
Di giocatori e allenatori, Molina e Panzera ne hanno incontrati tanti. Quali citare delle rispettive squadre rivali? «Jimmy Koleff - risponde Panzera -. Un grande realizzatore per quei tempi. Abbiamo poi avuto anche la fortuna di misurarci con Mark Pavelich e John Harrington, freschi reduci dall’oro olimpico di Lake Placid nel 1980. Anche la linea Côté-Blazek-Ringier non era uno scherzo». «Uno dei miei «incubi è stato Rudolf Tajcnár - riprende Molina -. Era un bombardiere, tirava da ogni posizione. Ricordo in modo divertito anche Ab DeMarco, prima degli ingaggi mi guardava facendomi cenno dove avrebbe tirato, mi metteva in guardia». E i tifosi d’antan ricordano le sue «bombe». C’era anche Luca Rossetti. «Un inzigon - sorride il portiere -. La prima cosa che faceva quando agguantavi un disco era darti un colpetto sulla mano per fartelo cadere. Io allora portavo subito il braccio sul corpo». Che anni, quelli di Claudio Ticozzi, Peter Gaw, Marzio Agustoni, Peter Aeschlimann. E degli allenatori come il finlandese Alpo Suhonen, Jiri Kren, e per i bianconeri, Elwyn Friedrich, Réal Vincent…

Volgendo lo sguardo al presente, se foste bambini, oggi giochereste a hockey? «Sicuro - risponde Panzera-. È eccezionale, per la crescita della persona, le regole anche dure dello spogliatoio. Ti confronti con caratteri e tipi di giocatori, il generoso, l’altruista, la primadonna, quello magari con meno talento ma capace di farti tenere il risultato». Alfio Molina è sulla stessa lunghezza d’onda, e da portiere tecnico qual era focalizza l’attenzione sulla diversità tra l’hockey vecchio stampo e moderno: «Oggi anche uno meno tecnico ma più fisico può rendersi utile alla squadra».

E tra due giorni ecco arrivare il 247esimo derby della storia. Chi vincerà? «L’Ambrì - risponde con uno slap verbale Fiorenzo Panzera-. Una squadra motivata, che lotta su ogni disco». Più attendista Alfio Molina: «Il Lugano attualmente è imprevedibile. Tra alti e bassi, non si può davvero dire a che altezza si troverà martedì».
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